31 dicembre 2010

Penultimo lavoro del 2010


Questo è il penultimo lavoro per il 2010..

Da una lezione di Sara

ho realizzato uo scaldacollo

con lana bouclè marrone...


Carina, vero?



Ed è anche morbidissima!!


E' il penultimo lavoro dell'anno perchè
ho realizzato anche un bel....

...Ma questa sarò la nuova storia del 2011!

Vi lascio i miei auguri

più sinceri 

con questa filastrocca

che conosco da bambina...



 

L'anno vecchio se ne và, e mai più ritornerà,
io gli ho dato una valigia di capricci e impertinenze,
di lezioni fatte male, di bugie e disubbidienze,
e gli ho detto: "Porta via! questa è tutta roba mia".

Anno nuovo, avanti avanti,
ti fan festa tutti quanti,
tu la gioia e la salute porta ai cari genitori,
ai parenti ed agli amici rendi lieti tutti i cuori,
d'esser buono ti prometto, anno nuovo benedetto.


Auguri a tutti!!!!
E buon Anno!!!
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30 dicembre 2010

Un attacco di scrap e un semplice lavoro..


... che ho realizzato prima di Natale come regalini handmade.

Un attacco di scrap 
e per la mia figlioccia

ho creato questo calendario perpetuo


I numeri sono in feltro

(ritagliati con molta pazienza)
e i mesi ed i giorni scrappati con tanta fantasia...

Ecco qualche particolare...

Settembre....


Ottobre...


 Dicembre...



...e la Domenica



 E poi, per la sorella,

ho decoupato (in modo molto molto semplice)

questa scatola per il the..


Questa carta è davvero bella....



E meno male che alle ragazze sono piaciute ^___^


 

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27 dicembre 2010

Segnaposto- portatovaglioli e chiudipacco..

Buogiorno a tutte, care creative...

Passato bene il Natale?
E Santo Stefano?

Noi abbiamo passato questi giorni di festa in famiglia...

giocando, mangiando e chiaccherando in allegra compagnia 
della mia tribù.

Volevo mostrarvi, però, questi piccoli lavori 

che ho realizzato prima di Natale.

I segnaposto- portatovaglioli 

che ho messo sulla mia tavola natalizia



Sono delle roselline di stoffa 

che ho realizzato seguendo il sal di Lella

E poi questo alberello in feltro e perle



e due ciambelline al cioccolato

(sempre di feltro e perline)


Che ho usato come chiudipacchi

Eccoli qui tutti in bella mostra....


Devo ringraziare Dany per questi chiudipacchi

perchè mi sono fatta ispirare dalle sue bellissime 




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25 dicembre 2010

E' Natale!

 




Vi lascio il racconto scritto da Dino Ticli


da  Sempre Natale 


Dino Ticli
 
LA STRADA GIUSTA


 

Iniziò a intagliare la statuina dalla testa. I pezzettini di legno saltavano via sotto le mani esperte, rivelando i tratti del volto. Poi
passò al corpo e scolpì una bella giacca a doppio petto con camicia e perfino una cravatta ben annodata, nonostante le dimensioni ridotte della scultura.
- Papà, cosa stai facendo? - chiese un bambino entrando nel laboratorio.
- Preparo un presepio per un cliente.
- E il nostro? Quando lo finiamo?
Già, il loro presepio. Erano passati molti anni da quando lo aveva iniziato, esattamente otto, l'età del figlio. La capanna e la sacra famiglia erano stati i primi a essere realizzati poi, a ogni natale, era riuscito ad aggiungere solo una statuina o una piccola casa. In effetti…
- Ma che razza di presepio stai facendo? - lo interrupe il figlio indicando l'oggetto che stava lavorando. - Una statuina con la giacca e la cravatta? Proprio brutta…
- Non fare il criticone: è per un presepio moderno.
- Non mi piace.
- Non ti piace la mia statuina? Forse non sono stato bravo a scolpire questo uomo d'affari? Adesso lo chiediamo a Pepe.
Un cagnolino bianco e nero si sollevò sulle zampe posteriori e gli si appoggiò alle ginocchia. Poi fiutò con gran cura la statuina abbozzata e infine…
- Ecciù!- starnutì storcendo il muso.
- Bravo Pepe! Hai ragione: è proprio una schifezza!
- Sentite, voi due, - disse l'uomo con un mezzo sorriso, - non è il caso di passare alle offese. E poi, a quel cagnolino traditore è solo entrata un po' di polvere di legno nel naso.
- A noi due non piace un presepio moderno - ripeté il figlio sollevando il cagnolino da terra.
Il padre lo guardò senza smettere di sorridere, poi tirò fuori da una scatola alcune statuine già pronte e dipinte: una signora indaffarata con occhiali da sole, un fattorino con un grosso pacco tra le mani…
Il bambino che si era ripromesso di mantenere un'espressione disgustata, non riuscì a trattenere un "accipicchia!" accompagnato da una serie di "bau bau" del cane quando dalla scatola uscì una bellissima macchina fuoriserie.
- Vedo che ti sei convinto.
- Piacerebbe anche a me una macchina così.
- Questa però fa parte del presepio che mi ha ordinato la banca. Vedi, vogliono metterlo nell'atrio, dove tutti quelli che entrano potranno ammirarlo.
- Non dirmi che le statuine andranno a trovare Gesù bambino con una macchina come quella…
- Beh, non proprio tutti… - disse riprendendo a lavorare sulla statuina dell'uomo d'affari. - Vedi, hanno pensato di mettere Maria, Giuseppe e il bambino dentro una costruzione che ricordi la banca.
- Gesù nella banca?
L'uomo si grattò la testa imbarazzato. In effetti, che ci faceva Gesù in una banca? Appoggiò allora la statuina dell'uomo d'affari su una sedia e fece cenno al figlio di avvicinarsi e di sedersi sulle sue gambe.
- Può sembrare strano, ma così vogliono far capire alla gente che la banca è un luogo ospitale e sicuro. Loro non avrebbero mai cacciato nessuno, come invece hanno fatto osti e albergatori a Betlemme duemila anni fa. E così, una folla di gente indaffarata ma tranquilla si muove per le strade, a piedi e in macchina, pronta a far visita a Gesù e…
- …alla banca.
- Già.
Il bambino, pensieroso, tenne per un momento la testa china; poi la rialzò e guardò in faccia il papà.
- Una bella schifezza! Noi preferiamo Gesù bambino nella mangiatoia, tra l'asino e il bue, e non tra la signora elegante e quell'uomo, vero Pepe? - disse al cagnolino indicandogli la statuina adagiata sulla sedia.
Pepe non se lo fece ripetere due volte: seguendo il gesto del padroncino, fece un balzo sulla sedia, afferrò l'uomo d'affari tra i denti e fuggì via come una saetta.
- Torna subito qui! - gli urlò il padrone, ma non riuscì ad alzarsi subito. - Scendi, Matteo, che devo prendere quel traditore di un mangia ossi!
- Papà, io non c'entro… non sono stato io…
Si sentiva in colpa perché sapeva quanta fatica faceva suo padre per intagliare il legno.
- Lasciamo perdere, non ho tempo adesso - gli rispose schizzando via.
Pepe si era dileguato. In casa era introvabile così come in giardino.
- Deve essere scappato nel bosco - gli suggerì la moglie.
- Già, e allora addio statuina - brontolò avvilito.
- Forse ritorna… si è solo spaventato per le tue urla - cercarono di consolarlo. - Fa sempre così quando ha paura di essere sgridato.
- Già, magari adesso è colpa mia.
- Dai, non fare così…
- Scusatemi, - li interruppe imbronciato, - torno a lavorare.
- Comunque stasera quel cane va a dormire senza mangiare - aggiunse scendendo le scale che portavano al laboratorio.
- Non ti preoccupare, Matteo, lo sai anche tu che non sta dicendo sul serio.
- Sì, mamma.
Abbassò la testa e con le mani dietro la schiena si allontanò tristemente. Dopo tutto era stato lui a istigare Pepe a compiere quel furto.
- Comunque questo è molto più bello di quella schifezza della banca - disse sottovoce quando fu di fronte al suo presepio.
Lo avevano montato da pochi giorni, lui e il suo papà. Sullo sfondo vi erano una serie di colline basse che nascondevano l'orizzonte. Qualche albero qua e là nella pianura rendeva il deserto meno arido. A sinistra sorgeva un villaggio di povere case bianche e alcuni recinti trattenevano greggi di pecore impazienti di uscire. Poche statuine si dirigevano verso una capanna circondata da una recinzione dove un fuoco illuminava un uomo e una donna indaffarati. Un asino e un bue riposavano nella paglia. Alcuni altri personaggi si muovevano invece verso il villaggio.
- Ci vorrebbero altre statuine. Non è giusto che ogni anno Gesù riceva così poche visite: penserà che in questa casa ci siamo dimenticati di lui.
Poi ebbe un'idea. Corse in camera sua e aprì la cassa dei giochi e raccolse tutti i soldatini di plastica, qualche supereroe e alcuni mostri spaziali.
- Bene - esclamò soddisfatto. Sapeva che non gli avrebbero mai permesso di mettere quegli oggetti in mezzo al presepio e nemmeno a lui sarebbero piaciuti: con quelle facce avrebbero sicuramente spaventato Maria, Giuseppe e soprattutto il piccolo Gesù. Se riusciva, però, a nasconderli ben bene dietro a una collina…
- Ecco fatto! Nessuno li vedrà, ma almeno questo presepio sarà un po' più vivace. Gesù non si spaventerà e non sarà così solo.
Pepe ritornò a tarda sera con la coda tra le gambe. Appena entrato in casa, si diresse verso il capofamiglia e si sdraiò sulla schiena in atto di resa. Potevano sgridarlo ancora?
- Te l'ho già detto: sei un cane traditore. Se qualcuno mi chiederà mai di intagliare la statuetta di Giuda Iscariota, mi ispirerò a te! - brontolò mentre il cagnolino lo guardava con occhi melanconici.
- Dai, vieni a mangiare - lo invitò infine dandogli una grattatina alla pancia. - Comunque, mi piacerebbe tanto sapere dove hai nascosto il mio uomo d'affari.
- Bau! - gli rispose il cane rimettendosi in piedi e correndo verso la ciotola piena di cibo.

Passarono molti giorni e giunse la vigilia di Natale. Il presepio moderno faceva bella mostra nell'atrio della banca e le statuine di un bambino e di un cagnolino accostate a un bell'albero comparvero tra quelle del presepio di Matteo.
- Due personaggi nuovi: magnifico! Allora posso togliere i miei pupazzetti dalla collina.
- Una banda di mostri in visita a Gesù? - commentò sorridendo il papà.
- Meglio questi che nessuno. Erano anni che Gesù bambino si stava annoiando… ma quelli, siamo io e Pepe, non è vero? - cambiò discorso felice.
- Può darsi… ma siamo sicuri che Gesù apprezzerà la presenza di un furfante a quattro zampe? Tu cosa ne dici, Pepe?
- Bau! - ribatté il cagnolino sentendosi chiamare.
- Adesso ti acchiappo e te le suono di santa ragione - gli disse il padrone in tono scherzoso.
Il cane però prese molto sul serio quelle parole e fuggì rapido.
- Papà, lo hai fatto scappare di nuovo!
- Ma stavo solo scherzando. Che razza di cane: adesso è diventato anche permaloso!
Pepe era tornato al suo nascondiglio nel piccolo bosco di fronte alla loro casa. Era una specie di cuccia naturale, scavata ai piedi di un grande albero. L'aveva riempita di un sacco di cianfrusaglie come pupazzetti di plastica, pezzi di stoffa, palline di ogni tipo, oggetti irriconoscibili e… un uomo d'affari intagliato nel legno. Gli era parso che potesse avere un buon sapore e gli aveva rosicchiato appena appena i piedi e le frange dei pantaloni che in verità sembravano una lunga gonna a pieghe, essendo stati appena abbozzati. Il gusto però si era dimostrato orrendo e lo aveva abbandonato.
Si rigirò tra le sue cose e si addormentò. Era ormai piuttosto tardi quando, movendosi, si sentì pungere in un fianco.
- Cai! - guaì balzando in piedi. Poi si voltò in cerca del colpevole. L'uomo d'affari lo guardò con aria indifferente, ma il suo ombrello appuntito lo tradì.
- Bau! Bau! Bau! - abbaiò con forza Pepe, ma l'uomo d'affari non fece nessun gesto di sottomissione; non era nel suo carattere, d'altra parte.
Pepe lo squadrò e poi decise: un oggetto così pericoloso e di cattivo gusto non poteva restare un minuto di più nel suo nascondiglio segreto. Lo afferrò tra i denti e ritornò nella casa dei suoi padroni.
Tutti erano andati a dormire e dentro era buio. Solo il presepio emetteva qualche luce che rischiarava la capanna e il villaggio. Si avviò allora in quella direzione e si arrampicò sulla poltrona che confinava col presepio; appoggiò la testa al bracciolo e si fermò pensieroso.
- Lasciami! Lasciami! - sembrava dicesse l'uomo d'affari con l'ombrello in una mano e la borsa nell'altra. - Devo andare, adesso: mi hai già fatto perdere un sacco di tempo.
Un pensiero improvviso passò nella mente di Pepe: - Sete!
Aprì la bocca e lasciò cadere la statuina, poi corse verso la sua ciotola dove bevve avidamente; infine si sdraiò sul tappeto e si addormentò.

- Lo sapevo: è tardissimo - brontolò dopo aver dato un'occhiata all'orologio. Quindi si diede un'aggiustatina alla cravatta e fece per avviarsi, ma si arrestò immediatamente. - Dove sono? - si chiese preoccupato, notando il terreno arido e sabbioso tutt'intorno a lui.
Pensò a lungo per trovare una spiegazione logica a quel problema, com'era abituato a fare da sempre. Scartò tutte le soluzioni finché non gliene rimase una sola: - Devo essere rimbambito! Non può essere diversamente, altrimenti perché alla fine di dicembre mi trovo da solo su questa spiaggia?
Alcune palme e qualche albero sconosciuto contribuirono ad aumentare la sua confusione.
Ma non si perse d'animo. - Troverò qualcuno che mi indicherà la strada giusta! Andrò in quella direzione - disse risoluto indicando a se stesso una zona dove gli alberi sembravano farsi più fitti.
- Ehilà, signore! Sì, dico a lei.
Un giovane che guidava con un bastone un piccolo gregge di capre, si fermò al richiamo.
- Senta, credo di essermi perso.
Il pastore lo guardò attentamente e un sorriso trattenuto a stento gli si disegnò sul volto.
- In pratica non so nemmeno come sono capitato qui… ehi! Ma che razza di vestiti indossa? - sbottò osservandolo meglio. - Non è mica carnevale…
Quindi assunse un'espressione perplessa, e infine commentò ad alta voce: - Mi sa che sono finito in Arabia…
Ma l'uomo, che era riuscito a resistere fino a quel momento, come tutta risposta scoppiò in una sonora risata, incontrollabile e sgarbata.
- Non ho detto nulla di spiritoso! Stavo solo cercando di capire… Insomma! La smetta di ridere: non ho tempo da perdere e sono già in ritardo.
Il giovane non gli diede retta e, senza nemmeno rispondergli, spinse le sue capre in direzione delle colline scosso da risa continue.
- Il mondo è pieno di gente poco seria! - fu il suo unico commento, quindi si riavviò.
Era stanco, sudato, demoralizzato e la sete lo stava torturando già da tempo, quando intravide un pozzo in mezzo a un piccolo gruppo di palme.
Una donna aveva già riempito una giara e si accingeva a fare lo stesso con la seconda.
- La prego, le chiedo solo due cose: un'informazione e soprattutto un po' d'acqua.
La donna si coprì immediatamente il volto.
"Sì, devo essere proprio in Arabia" pensò notando quel gesto.
In realtà la donna non voleva mostrarsi sgarbata e aveva così coperto il sorriso che le era comparso sul volto.
- Beva pure - lo invitò porgendogli la brocca.
L'uomo bevve avidamente e non si preoccupò dell'acqua che scendendogli sul volto gli stava bagnando giacca e camicia.
- Cosa voleva sapere da me?
- Credo di essermi perso.
- Da dove viene?
- Io vengo da…
Buio completo: non sapeva cosa risponderle! Un vero dramma per uno come lui che aveva una risposta a ogni domanda. Perché non gli aveva chiesto come investire al meglio i propri denari?
- Non si sente bene?
- Sì, ma… sto cercando la mia banca!
Ecco, quella era la risposta giusta. Non c'erano più dubbi: doveva recarsi presso la sua banca dove tutto sarebbe tornato normale.
- Cos'è una… banca?
Caspita! Possibile che in Arabia non sappiano ancora cos'è una banca? E adesso come faccio a spiegarglielo?
- Un edifico dove tanta gente lavora ai computer, dove circola molto denaro, dove si fanno investimenti e… oh insomma! È possibile che lei sia così ignorante? - sbottò alla fine osservando il volto perplesso della donna.
- Io sarò ignorante, ma non sono maleducata! - ribatté offesa. - Avrei avuto molte ragioni per ridere di lei, ma non l'ho fatto.
- Ridere di me? Nessuno si è mai permesso.
"A parte quel villanzone di un pastore" pensò.
- Stento a crederle vedendo com'è conciato. Perché non mi spiega che cosa sono quelle cose che indossa?
- Una giacca di sartoria, una camicia di cotone, una cravatta di seta, un paio di…
Un paio di niente! Ecco perché ridevano di lui: al posto dei pantaloni aveva una strana gonna a pieghe! Le scarpe poi… erano tutte sbrindellate! Forse colpa della sabbia e dei sassi del deserto.
- Ha ragione, ma non posso mica togliermela - disse indicando la gonna: - rimarrei in mutande.
- Mutande? Che cosa sono le mutande?
- Senta, prima che diventi matto, sia così cortese da indicarmi la strada per la mia banca - la invitò secco.
Ma la donna raccolse in fretta le sue cose e si allontanò di corsa senza rispondergli.
- Il mondo è pieno di ignoranti! - fu il suo unico commento.
Camminò ancora a lungo, riparandosi col suo ombrello dai cocenti raggi del sole.
- Mi avevano assicurato che queste scarpe sarebbero state comodissime e indistruttibili - brontolò guardando come si erano ormai ridotte. - Forse però non pensavano a una lunga marcia in questa pianura desolata.
Una carovana di cammelli e molti uomini lo distrasse da quei pensieri.
- Signori, vi prego di non ridete di me. Vengo da molto lontano e sono vestito come si usa dalle mie parti - li anticipò appena li ebbe raggiunti.
- Anche noi siamo stranieri e, come vede, i nostri vesti lo rivelano - gli rispose bonariamente un vecchio uomo dal volto solenne.
Poi ordinò a uno dei suoi uomini a disporre un tappeto in terra.
- Si sieda con me a bere e mangiare qualcosa.
L'uomo d'affari accettò l'invito ben volentieri.
- Vede, sto cercando la mia banca - disse alla fine del pasto.
- Siamo tutti in cerca di qualcosa.
- Anche lei ha perso la sua banca?
- No, e non so nemmeno che cosa sia una banca; io sto cercando una stella che cambierà la mia vita.
- Una stella del cinema, immagino - sorrise ironico l'uomo d'affari.
- Lei parla davvero in modo strano. Da dove viene?
Ecco, ancora quella domanda! Comunque, non volendo mostrarsi sgarbato, rispose a caso: - Vengo da nord.
- Da nord - ripeté pensieroso il suo ospite. - Non è mai venuto nulla di buono da nord.
"Lo sapevo: ho sbagliato risposta" pensò deluso l'uomo d'affari.
- Non si offenda: mi sto riferendo ai presagi. Vede, io sono astrologo, negromante e indovino e le stelle mi hanno sempre mandato brutti segni da nord.
- Io credo solo ai numeri e alle statistiche, non certo a queste baggianate… - ribatté prima di mettersi una mano sulla bocca per non fare uscire altre parole sgarbate.
"Tutta colpa del sole che mi ha cotto il cervello." - considerò subito dopo.
Se avesse potuto, si sarebbe preso a sberle: adesso il mago non lo avrebbe più aiutato di certo.
- Cosa vuol dire "baggianate"? - gli chiese invece quello senza nemmeno scomporsi.
- No, vede, io sono abituato a trattare affari e ho difficoltà a credere alle profezie delle stelle.
- Ah, è un mercante… e allora dovrebbe sapere che le stelle e le arti magiche potrebbero aiutarla a migliorare i suoi affari.
Batté le mani e uno dei suoi servi gli portò un piatto di metallo e alcune piccole bottiglie di vetro colorato.
- Versi un po' di questo liquido nel piatto - lo invitò.
- Io veramente non ho molto tempo… sto cercando la mia banca.
- Me l'ha già detto, ma adesso obbedisca.
La voce non ammetteva repliche e allora versò. Bastarono poche gocce per far balzare in piedi il vecchio mago.
- Lei… lei… viene da nord…
- Bella scoperta, glielo detto io un attimo fa - mormorò sottovoce l'uomo d'affari.
- Ma il suo passato… non esiste! Lei è un uomo senza passato!
Lanciò quindi alcune grida rauche e pochi istanti dopo la carovana fu pronta a partire.
- Lei sta cercando la cosa sbagliata - gli rivelò infine e riprese il suo cammino lasciandolo solo nel deserto con un otre d'acqua.
- Il mondo è pieno di matti! - esclamò l'uomo d'affari quando se ne furono andati. Poi si scrollò la sabbia di dosso, raccolse l'otre e riprese a camminare, ma il suo umore era pessimo.
- Non so più cosa fare: perderò il mio lavoro se non ritrovo presto la mia banca!
Camminò ancora a lungo, finché alcuni rumori, quasi grida d'aiuto, gli comunicarono segni di vita subito al di là della collina più vicina.
- Cosa le è successo? - chiese a un uomo disteso per terra, e per farlo riprendere più in fretta gli fece bere un po' d'acqua dell'otre.
- Sono stato aggredito dai briganti. Stavo portando dei regali a mio cugino al villaggio qui vicino.
- Non si affatichi troppo.
L'uomo bevve ancora e riprese a parlare. - Mi hanno rubato tutto, anche l'asino e i vestiti.
Si sollevò seduto e si appoggiò a una pietra.
- Ma lei, con quegli abiti, da dove viene?
L'uomo d'affari sbuffò; avrebbe voluto rispondergli che erano fatti suoi e che era stufo di tutte quelle domande: aveva bisogno di risposte, non di domande!
- Non si offenda, ma temo che stia rischiando anche lei: quei vestiti bizzarri attireranno sicuramente i briganti e la ridurranno come me.
- Il mondo è pieno di ladri! - commentò l'uomo d'affari a voce alta.
- Come è vero… però ci sono anche tante brave persone come lei.
- Tenga la mia giacca: forse non le piacerà ma la riparerà dal sole cocente.
Poi gli bendò la ferita alla fronte con la cravatta.
- Vede, sto cercando la mia banca… lei può aiutarmi?
Forse per non offenderlo o per cercare di ricambiarlo in qualche modo, l'uomo gli rispose di sì.
- Non segua la strada delle colline, ma quella bassa. In paese troverà tutto quello che cerca. Anch'io verrò in paese, prima però devo recarmi da mio cugino.
- Grazie, e tenga pure l'otre: ne ha più bisogno di me.
L'uomo si alzò, osservò per un attimo la giacca ricevuta in dono e quindi la rivoltò. - Adesso è più bella! - concluse soddisfatto.
- Il mondo è pieno di zotici! - commentò fra sé l'uomo d'affari osservando la sua giacca firmata ridotta a uno straccio.

Alcune case bianche e piuttosto misere gli segnalarono l'entrata del paese. Divennero via via più numerose, e anche la gente aumentava.
Nessuno faceva molto caso al suo abbigliamento. Da una parte la camicia e il gonnellone da soli non erano così appariscenti, dall'altra il villaggio sembrava popolato da gente proveniente da ogni parte del mondo che sfoggiava vestiti strani e di svariati colori.
D'improvviso gli comparve d'innanzi un uomo con una folta barba nera e due sopracciglia cespugliose.
- Sei un Romano? - gli chiese sottovoce, come se avesse voluto confidargli un segreto.
Beh, non era proprio di Roma, ma forse era più romano lui di tutti gli abitanti di quel paese.
- Sì, quasi - rispose allora.
- Ho visto che ti guardavi attorno: hai perso qualcosa?
- Sì, la strada per la mia banca…
- Banca…
"Un altro ignorante!" pensò l'uomo d'affari. Ma fu subito smentito.
- Sei proprio un Romano. Qui vogliamo molto bene ai Romani - affermò deformando il volto in una smorfia incomprensibile. - Vieni con me, conosco un luogo dove potrai trovare tutte le banche che vuoi.
- Magnifico! Forse non saranno la mia, ma almeno loro sapranno indicarmi la strada giusta.
L'uomo gli rispose con un sorriso sgradevole e fece segno di seguirlo.
- Il mondo è pieno di amici! - esclamò soddisfatto l'uomo d'affari.
Camminò per vicoli e viuzze sempre più stretti e tortuosi seguendo l'uomo che a un certo punto fischiò.
A quel richiamo, sbucarono da tutte le parti altri personaggi loschi che iniziarono a suonargliele di santa ragione.
- Stavo solo cercando… - provò a dire senza successo.
Cercò dapprima di ripararsi con la borsa, poi scappò a gambe levate. Tuttavia una decina di persone inferocite gli fu subito dietro.
Era allo stremo delle forze quando, svoltato un vicoletto, una mano lo afferrò e lo trasse all'interno di una casa.
- Il mondo è pieno di imbecilli, e io sono uno di questi! - sbottò cercando di riprendere fiato.
- Non ti arrabbiare troppo: quelli ce l'hanno a morte con i soldati romani.
- Ma io non sono un soldato, e non sono neppure romano!
- Non importa: adesso ti ho ritrovato e posso sdebitarmi.
- Ah, - esclamò riconoscendolo - tu sei il ferito a cui ho dato la mia giacca. - Grazie per l'aiuto, senza di te mi avrebbero sicuramente ripreso.
Mangiarono e bevvero insieme, poi l'uomo d'affari si alzò per andarsene.
- Devo trovare la mia banca.
- Non ci sono banche qui: ho chiesto anche ai miei conoscenti e nessuno sa che cosa siano.
- Non importa, troverò la strada da solo.
- Come vuoi.
Prima di lasciarlo andare, gli porse una giacca e una cravatta - Riprendili pure, non ne ho più bisogno, e poi stanno sicuramente meglio indosso a te.

Ormai il sole era tramontato e qualche punto luminoso nella pianura e sulle colline segnalava che vi erano persone che si stavano preparando a passare la notte all'aperto.
- Devono essere pastori - considerò a voce alta per sentirsi meno solo. - Ormai si è fatta sera e in paese non torno di certo: andrò da loro, forse vorranno ospitarmi.
Scelse il fuoco più luminoso e accelerò l'andatura. Impiegò molto tempo per raggiungere la meta, ma ancora prima che potesse rivelare la sua presenza, il fuoco sembrò aumentare d'intensità e una luce sfolgorante lo accecò.
- Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore. E questo vi servirà di segno: troverete un bambino avvolto in fasce e coricato in una mangiatoia.
A quella voce, comparve una moltitudine di esseri celestiali che lodava Dio e diceva: - Gloria a Dio nei luoghi altissimi, e pace in terra agli uomini che egli ama!
Rimase stordito a lungo. Riuscì a muoversi solo quando i pastori si furono alzati ed ebbero spento il fuoco. Li vide poi avviarsi nella direzione indicata loro dall'apparizione.
- Se sta per nascere un Salvatore, forse è proprio da lui che devo recarmi. Chissà, forse saprà dirmi dov'è la mia banca.
Raccolse la sua borsa e il suo ombrello e si rimise in cammino. Ben presto non fu più solo: numerose persone provenienti da ogni direzione avevano creato un corteo nel buio della notte, rischiarato da una stella incredibilmente luminosa.
- Il mondo è pieno di gente che vuole essere salvata - commentò.
- Ciao! - gli disse all'improvviso un bambino che non aveva visto avvicinarsi.
- Salute a te - gli rispose allegramente.
- Grrr… grrr… grrr…
- Basta, Pepe! Basta! Non essere maleducato.
- Lascialo fare - lo fermò bonariamente l'uomo d'affari. - Ormai le mie scarpe sono ridotte proprio male.
- Anche tu stai andando alla stalla?
- Sì, ho smarrito la strada per la mia banca… forse lì troverò finalmente qualcuno che saprà dirmi cosa devo fare.
- Anch'io vado alla stalla, vuoi fare la strada con me? - gli propose il bambino.
- Certo! - acconsentì e non si sentì più solo.
Il percorso fu breve e senza preoccupazioni. Si fermarono quando giunsero nei pressi di una misera capanna, dove si erano raccolte molte altre persone.
- Dov'è il Salvatore? - chiese subito l'uomo d'affari alla prima persona che incontrarono. - Ho bisogno di lui.
  L'uomo gli indicò l'interno della stalla. Tra un asino e un bue, in una mangiatoia, giaceva un bambino fragile e indifeso. Un uomo e una donna, forse il padre e la madre, lo fissavano estasiati.
Entrò senza far rumore e si chinò presso la mangiatoia. In qualsiasi altra occasione avrebbe considerato veramente sciocco rivolgersi a un neonato, ma era così stanco e senza altra speranza che parlò ugualmente.
- Sto cercando la mia… - iniziò, ma la voce gli si spense in gola prima che avesse finito la frase.
La giovane madre lo guardò e gli rivolse un sorriso lieve, come d'invito a continuare.
Con un moto di sollievo, si allentò la cravatta e continuò il suo discorso.
- Sto cercando da tempo la strada giusta, la mia strada… ma adesso sono confuso e non so più quale sia.
Proprio in quell'istante si udì un coro di voci celestiali alle quali il neonato rispose con un gridolino e agitando braccia e gambe.
L'uomo d'affari si alzò e uscì dalla stalla. Raggiunti i suoi nuovi amici, si appoggiò stancamente a un albero.
- Hai trovato quello che cercavi? - gli chiese il bambino, mentre il cagnolino aveva ripreso a rosicchiargli le scarpe.
Allargò le braccia e rispose: - Il mondo è pieno di cose… - ma si interruppe.
Sospirò profondamente e con un gesto cancellò la stupida frase che stava per dire. Quindi indicò la mangiatoia e continuò con più convinzione: - Non so cosa sia successo, ma adesso ho il cuore più leggero e tutte le preoccupazioni sono scomparse.
- Hai trovato la strada per la tua banca?
- Sono sicuro che quel bambino è nato anche per me. Lui è la mia strada.

- Papà! Papà! Vieni a vedere!
- Cosa c'è, Matteo?
- Guarda lì! Vicino alla mia statuina e a quella di Pepe! - gli rispose puntando un dito verso il presepio.
- Roba da non crederci: il mio uomo d'affari! Chi l'avrebbe mai detto! Ma com'è ridotto… Mi piacerebbe proprio sapere come ha fatto a finire nel presepio. Pepe, ne sai nulla tu?
Il cagnolino scodinzolò titubante, ma fu subito rassicurato da una carezza del padrone che poi si girò verso il presepio per togliere quella statuina così fuori posto.
Matteo però lo trattenne.
- Lascialo, papà! Non vedi com'è soddisfatto? Secondo me si trova benissimo in questo presepio.
- Ma non avevi detto che era una schifezza? Comunque, se proprio insisti…
Dopo aver guardato con attenzione la sua statuina, aggiunse: - In effetti, così conciato non sembra nemmeno un uomo d'affari con giacca e cravatta in cerca della sua banca.



Auguro a tutte voi e ai vostri cari

un Natale pieno di Amore e Serenità..

Con tutto il cuore...


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24 dicembre 2010

Novena di Natale - 1



- 1
Da Sempre Natale ecco il racconto di oggi..

ELIOGABALO E MATUSALEMME
 
Il piccolo e zoppo Matusalemme ed Eliogabalo (detto Gabalo) erano due ragazzi poveri della città. Avevano sempre vissuto, dalla nascita, nel collegio dei ragazzi poveri.
«Sai che domani è Natale?» chiese Gabalo, un giorno che tutti e due stavano spalando la neve dall'ingresso dell'istituto.
«Ah, davvero?» rispose Matusalemme. «Spero proprio che la signora Pynchurn non se ne accorga. Diventa particolarmente antipatica nei giorni di festa!»

L'antipatica signora Pynchum era la direttrice dell'istituto dei poveri, ed era temuta da tutti. Matusalemme proseguì: «Gabalo, tu credi che Babbo Natale ci sia davvero?».
«Certo che c'è».
«E allora perché non viene mai qui alla casa dei poveri?».
«Beh», rispose Gabalo, «noi stiamo in una strada tutte curve, lo sai no? Forse Babbo Natale non riesce a trovarla».
Gabalo cercava sempre di mostrare a Matusalemme il lato bello delle cose, anche quando non c'era!

Proprio in quel momento un'automobile investì un povero cane che cadde riverso sulla neve. Gabalo corse subito in suo aiuto e vide che aveva una zampa rotta. Fece una stecca e fasciò strettamente la zampa del cane. Gabalo lesse sul collare che il cane apparteneva al dottor Carruthers, un medico famoso nella città. Lo prese in braccio e si avviò verso la casa dei dottore.
«Io sono tutto quello che lui possiede»

Il dottore aveva una gran barba bianca lo accolse con un sorriso e gli chiese chi aveva immobilizzato e steccato così bene la zampa dei cane.
«Perbacco, io, signore», rispose Gabalo e gli raccontò di tutti gli altri animali ammalati che aveva guarito.
«Sei un ragazzo davvero in gamba!» gli disse alla fine il dottor Carruthers guardandolo negli occhi. «Ti piacerebbe venire a vivere da me e studiare per diventare dottore?».
Gabalo rimase senza parole. Andare lontano dalla signora Pynchum e non essere più uno «della Casa dei Poveri», diventare un dottore! «Oh, oh s-s-sì, signore! Oh ... ».

Improvvisamente la gioia svanì dai suoi occhi. Se Gabalo se ne andava, chi si sarebbe preso cura del piccolo e zoppo Matusalemme?
«lo... io vi ringrazio, signore» disse. «Ma non posso venire, signore! E prima che il dottore scorgesse le sue lacrime corse fuori dalla casa».

Quella sera, il dottor Carruthers si presentò all'istituto con le braccia cariche di pacchetti. Quando Matusalemme lo vide cominciò a gridare: «è arrivato Babbo Natale!».
Il dottore scoppiò a ridere e, mentre consegnava al ragazzo un pacchetto dai vivaci colori, notò che zoppicava e gli fece alcune domande. Dopo un attimo, il dottor Carruthers disse: «Conosco un ospedale in città dove potrebbero guarirti. Hai parenti o amici?».
«Oh, sì», rispose subito Matusalemme, «ho Gabalo!».
Il dottore lanciò uno sguardo penetrante a Gabalo. «È per lui che non hai voluto venire a stare da me, figliuolo.»
«Beh, io... io sono tutto quello che lui possiede», rispose Gabalo.
Il dottore, profondamente commosso, disse: «E se prendessi anche Matusalemme con noi?».
Questa volta a Gabalo non importò che tutti vedessero le sue lacrime, e Matusalemme si mise a battere le mani dalla gioia. Naturalmente non sapeva che sarebbe guarito e che un giorno Gabalo sarebbe diventato un chirurgo famoso. Tutto quello che sapeva era che Babbo Natale aveva trovato la strada per la casa dei poveri e che lo portava via con Gabalo.
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23 dicembre 2010

Novena di Natale - 2


- 2

Da  Sempre Natale ecco il racconto di oggi..

IL PIÙ BEL CANTO DI NATALE
 
 
Nel piccolo paese di Obendorf, in Austria, un giovane sacerdote, padre Mohr, stava dando le ultime istruzioni ai bimbi e ai piccoli pastori per provare il canto da eseguire nella notte di Natale.
Tra le navate silenziose si spandeva l'eco di un vocio allegro e di piccole risatine.
«Buoni, silenzio! Incominciamo!».

Ma come padre Mohr appoggiò il dito sulla tastiera dall'interno dell'organo uscì uno strano rumore, poi un altro e un altro ancora.
«Strano», pensò il giovane prete. Aprì la porticina dietro l'organo e dieci, venti topi schizzarono fuori inseguiti da un gatto.
Povero padre Mohr. Si voltò a guardare il mantice: completamente rosicchiato e fuori uso. «Pazienza», pensò, «faremo a meno dell'organo».

Ma anche i piccoli cantori all'apparire dei topi e del gatto si erano scatenati in una furibonda caccia. Ed ora non c'era più nessuno. Con l'organo in quelle condizioni e il coro dileguato dietro ai topi, addio canto di Natale.
Fu un momento di grande sconforto per padre Mohr. Mentre, davanti all'altare maggiore si chinava nella genuflessione gli venne in mente l'amico Franz Gruber il maestro elementare che, oltre ad essere un discreto organista, se la cava bene nel pizzicare le corde della chitarra.
Quando padre Mohr giunse a casa sua, Gruber stava correggendo i compiti degli scolari al debole chiarore di una lucerna.
«Bisogna inventare qualche cosa di nuovo per la messa di mezzanotte, un canto semplice che accompagnerai con la chitarra. Qui ho scritto le parole: sta a te vestirle di musica... Ma in fretta mi raccomando!»

Uscito padre Mohr, Gruber prese subito in mano la chitarra e dopo aver scorso il testo lasciatogli dal prete cominciò a cercare tra le corde le note più semplici.

A mezzanotte in punto, del 24 dicembre 1818, la chiesa parrocchiale traboccava di fedeli.
L'altare maggiore era tutto sfolgorante di lumi e di candele accese.
Padre Mohr celebrava la S. Messa. Dopo aver proclamato il vangelo di Luca che narra la nascita del Salvatore si avvicinò, con il maestro Gruber al presepio e con la voce tremante intonarono: «Stille Nacht, Heilige Nacht (Notte silenziosa, Notte santa) ... ».

Dalle navate si persero nel silenzio le ultime parole del canto. Un attimo dopo l'intero villaggio le ripeteva davanti a Gesù, come la schiera degli angeli del vangelo di Luca. E da allora non si è più smesso di cantarlo, non solo ad Obendorf ma in tutto il mondo. È diventata una delle musiche più care del Natale.

E di padre Mohr e di Franz Gruber che ne è stato?
Nessuno dei due ha avuto il tempo di rendersi conto di quanto hanno donato al mondo senza aver avuto in cambio nulla.

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22 dicembre 2010

Due gingerbread...

Dany

ha le mani d'oro

e in una delle sue lezioni a sorpresa

ci ha spiegato come

realizzare un piccolo gingerbread...


E' un lavoro rilassante e veloce

e alla fine ne ho fatti due:

 li utilizzerò come chiudipacchi

per i miei figli




... Veramente non ho ancora finito con i lavori natalzi.....

Mancherebbe ancora qualche chiudipacco e 

alcuni segnaposti per la tavola di Natale...

Riusciranno i nostri eroi?

Speriamo di si ^___*

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Novena di Natale - 3


- 3

Da  Sempre Natale ecco il racconto di oggi..


NATALE AL FRONTE
 
Nel dicembre 1914 inglesi e tedeschi si fronteggiavano dalle trincee separate da una striscia di terra brutta e piatta, divisa al centro da filo spinato.

Di tanto in tanto alcune sagome si avventuravano nella terra di nessuno, ma la maggior parte dei soldati rimanevano nel fango e nell'acqua che stagnavano nelle trincee, intenti solo ad evitare il fuoco dei nemico.

La Vigilia di Natale, l'aria era fredda e piena di nebbia. Improvvisamente alcuni soldati inglesi stupefatti videro delle luci avanzare lungo le trincee nemiche. Poi venne l'incredibile suono di un canto. I soldati tedeschi cantavano Stille Nacht. Quando il canto cessò i soldati inglesi risposero con First Christmas.
Il canto da entrambe le parti durò per un'ora. Poi una voce invitò tutti a superare le linee. Un tedesco con grande coraggio uscì dalla trincea, attraversò la terra di nessuno e scese nella trincea inglese. Altri commilitoni lo seguirono con le mani in tasca per dimostrare che erano disarmati.
«Io sono un sassone e voi degli anglosassoni. Perché mai ci combattiamo?» chiese.

Nell'alba limpida e fredda del giorno di Natale non ci fu nessuna sparatoria. Gli uomini avevano autonomamente stabilito un giorno di pace.
«Uno spirito più forte della guerra era all'opera», commentò un osservatore.

I comandanti di entrambe le parti non approvarono. Sapevano che l'amicizia fra nemici dichiarati avrebbe impedito la guerra. Ma la tregua continuò. Perfino gli uccelli selvatici, che tanto tempo prima occupavano il rumoroso campo di battaglia, ritornarono e furono nutriti dai soldati.
Sarebbero stati salvati 9 milioni di uomini, se quei soldati avessero potuto obbedire al loro desiderio di amicizia e di pace e la tregua non fosse finita subito dopo Natale.

Un soldato inglese, che aveva preso parte a quella memorabile pace natalizia, morì all'età di 85 anni. Fino alla fine dei suoi giorni non poteva sentire Stille Nacht senza che le lacrime gli rigassero le guance. Si ricordava degli amici tedeschi che aveva avuto in quel giorno di Natale e che, per quanto ne sapeva, aveva poi ucciso nei giorni che seguirono.

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21 dicembre 2010

Sal Mister Tobia.. Fatto!

A cosa servirà questa candelina?


 ..... per andare a fare la nanna....


Visto che la Ozzy ha un pochino paura del buio. ^___^


Visto che bel cappellino che ha?



E che bel musino?




 E' la sorellina di Mister Tobia

e ringrazio la bravissima Sabrina

per aver organizzato questo dolcissimo sal.



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Novena di Natale - 4

 


- 4

Da  Sempre Natale ecco il racconto di oggi..

I TRE AGNELLINI
 
Lassù sulle montagne del Tirolo, c'era un piccolo villaggio dove tutti sapevano scolpire santi e Madonne con grande abilità. Ma giunse il tempo in cui non ci furono più ordinazioni per le loro belle statuine religiose.

Un pomeriggio Dritte, uno dei maestri intagliatori, entrando nella sua bottega trovò un fanciullo biondo, che giocava con le statuine del presepio. Dritte gli disse con fare burbero che le statuine del presepio non erano giocattoli. Il bambino rispose: «A Gesù non importa, Lui sa che non ho giocattoli per giocare». Maestro Dritte commosso gli promise un agnellino di legno con la testa che si muoveva.
«Vienilo a prendere domani pomeriggio, però, strano che non ti abbia mai visto, dove abiti?»
«Là», rispose il fanciullo indicando vagamente l'alto.

Il giorno dopo, prima di mezzogiorno, l'agnellino era pronto, bello da sembrare vivo. Ad un tratto si affacciò alla porta della bottega di Dritte una giovane zingara con un bambino in braccio.
Il bambino appena vide l'agnellino protese le braccine e l'afferrò. Quando glielo vollero togliere di mano si mise a piangere disperato. Dritte che non aveva nulla da dare alla povera donna disse sospirando: «Tienilo pure. Intaglierò un altro agnellino».
Nel pomeriggio tardi Dritte aveva appena terminato il secondo agnellino quando Pino, un povero orfanello, venne a salutarlo. «Oh! che meraviglioso agnello», disse. «Posso averlo per piacere?». «Sì tienilo pure, Pino, io ne intaglierò un altro».
E così fece. Ma il bambino dai capelli d'oro non ritornò, e l'agnellino rimase abbandonato sullo scaffale della bottega.

La situazione del villaggio continuava a peggiorare e Dritte cominciò ad intagliare giocattoli per i bambini del villaggio per far loro dimenticare la fame. Un giorno un mercante di passaggio si offrì di comperare tutti i giocattoli che Dritte riusciva ad intagliare. Dritte rifiutò di intagliare giocattoli per denaro: «Sono alla locanda», disse il commerciante, «in caso cambiate idea».

La piccola Marta era molto malata e Dritte, per farla sorridere, le regalò l'agnellino che aveva conservato sullo scaffale della sua bottega. Mentre tornava dalla casa di Marta, incontrò il bambino dai capelli d'oro.
«Ho tenuto l'agnellino fino ad oggi, ma tu non sei venuto. Ne farò subito un altro».
«Non ho bisogno di un altro agnellino» disse il fanciullo scuotendo il capo, «quelli che hai donato al piccolo zingaro, a Pino e a Marta li hai donati anche a me. Fare un giocattolo può servire alla gloria di Dio quanto intagliare un santo».
Un attimo dopo il fanciullo era scomparso.

Quella notte Dritte si recò alla locanda.
«Costruirò giocattoli per voi», disse.
«Allora avete cambiato idea» sussurrò il mercante.
«No», rispose Dritte con gli occhi scintillanti, «ma ho ricevuto un segno da Dio!» 
 
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20 dicembre 2010

three trees.. creative sewing

Regali di Natale continuano.... 

e il cucito creativo anche.

Ecco tre piccoli alberi di Natale

tintinnanti 

da appendere... all'albero ^___^

Con Santa


Con una rennina



e con un frosty



usando tante stoffine natalizie

cucite a forma di stella...


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Novena di Natale - 5



-5


Da  Sempre Natale ecco il racconto di oggi..

I REGALI NELLO SGABUZZINO

 
Il postino suonò due volte. Mancavano cinque giorni a Natale. Aveva fra le braccia un grosso pacco avvolto in carta preziosamente disegnata e legato con nastri dorati.

«Avanti», disse una voce dall'interno.
Il postino entrò. Era una casa malandata: si trovò in una stanza piena d'ombre e di polvere. Seduto in una poltrona c'era un vecchio.

«Guardi che stupendo pacco di Natale!» disse allegramente il postino.
«Grazie. Lo metta pure per terra», disse il vecchio con la voce più triste che mai.
«Non c'è amore dentro»

Il postino rimase imbambolato con il grosso pacco in mano. Sentiva benissimo che il pacco era pieno di cose buone e quel vecchio non aveva certo l'aria di spassarsela male. Allora, perché era così triste?
«Ma, signore, non dovrebbe fare un po' di festa a questo magnifico regalo?».
«Non posso... Non posso proprio», disse il vecchio con le lacrime agli occhi. E raccontò al postino la storia della figlia che si era sposata nella città vicina ed era diventata ricca. Tutti gli anni gli mandava un pacco, per Natale, con un bigliettino: «Da tua figlia Luisa e marito». Mai un augurio personale, una visita, un invito: «Vieni a passare il Natale con noi».

«Venga a vedere», aggiunse il vecchio e si alzò stancamente. Il postino lo seguì fino ad uno sgabuzzino. Il vecchio aprì la porta.

«Ma ... » fece il postino. Lo sgabuzzino traboccava di regali natalizi. Erano tutti quelli dei Natali precedenti. Intatti, con la loro preziosa carta e i nastri luccicanti.
«Ma non li ha neanche aperti!» esclamò il postino allibito.
«No», disse mestamente il vecchio. «Non c'è amore dentro». 

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19 dicembre 2010

Novena di Natale - 6

 


- 6
  

Da  Sempre Natale ecco il racconto di oggi..


LA STORIA DEL TRONCHETTO
 
Ogni sera, quando il padre di Nellina rientrava dal bosco, scuoteva la neve dagli stivali e brontolava: «Oh, là là! Che caldo fa, qui! Sembra un forno! Guarda, Nellina, i vetri delle finestre sono tutti appannati! E poi, sempre questo odore di dolci e creme bruciacchiate! Toh, guarda tua madre, coperta di farina dalla testa ai piedi! Che idea che ho avuto di sposare una fornaia!».

Naturalmente la mamma di Nellina non era contenta. I suoi occhi brillavano di collera.
Gridava: «Che cosa? Dolci bruciacchiati? lo? I miei panettoni farciti sono i migliori dei mondo! E poi io faccio delle cose con le mie mani. Tu, grand'uomo, non fai che demolire dei poveri alberi che non t'hanno fatto niente. Guardalo, Nellina, tutto coperto di segatura dalla testa ai piedi!».

Nellina ne aveva abbastanza di questi litigi. Si arrotolava le trecce bionde forte forte intorno alle orecchie e non sentiva più niente.
Ma il papà continuava a gridare: «Questa sedia è tutta appiccicosa. È ancora la tua crema!».
E la mamma urlava: «Crema? ma quale crema: è la resina dei tuoi maledetti alberi. La spiaccichi dappertutto!».

Quella sera, Nellina piangeva nel suo lettino. Amava tanto il papà e la mamma. Ma ora esageravano. Due giorni dopo era Natale e loro non facevano nessuno sforzo per andare d'accordo e passare una bella festa insieme. Il papà si era rifiutato di ridipingere l'insegna della pasticceria. La mamma non aveva voluto rammendare il gilet dei marito.
I grossi lacrimoni di Nellina bagnavano la sua bambola preferita.

Il giorno dopo Nellina raccontò tutto al cugino Gianni.
«Non serve a niente piangere» le disse Gianni. «Devi fare qualcosa. I tuoi genitori ti vogliono bene. Prepara tu la festa. Fabbrica un regalino, addobba la casa e Natale sarà una festa fantastica!».
Nellina tornò a casa di corsa. Aprì le finestre, spazzò fuori farina e segatura. Pulì e lucidò. Decorò la casa con rametti di agrifoglio e carta crespa, aggiustò il gilet del papà e stirò il nastro che la mamma si annodava nei capelli. Poi si disse: «E adesso preparo una bella sorpresa! Almeno a Natale non litigheranno». E mentre mamma e papà erano al lavoro, Nellina preparò la sua sorpresa, ridendo da sola.

Quando il padre rientrò, non riuscì a trattenere un fischio di sorpresa: «Oh, là, là! Che bella casa! E il mio gilet riparato per Natale». La madre a sua volta: «La casa addobbata e il mio nastro lavato e stirato. Che meraviglia!».

Il giorno di Natale, andarono a Messa tutti insieme e poi tornarono per il pranzo. Al momento dei dolce, Nellina portò la sua sorpresa. Mamma e papà aggrottarono le sopracciglia.
La mamma domandò: «Che cos'è? Sembra un tronco d'albero, con la corteccia scura e un po' di neve. È disgustoso!».
Il papà annusò e disse: «Sa di biscotti, cioccolato e zucchero in polvere. È disgustoso!»
Poi, tutto d'un colpo, la mamma scoppiò a ridere e disse: «È un dolce, è per me. Grazie Nellina!»
Il papà scoppiò a ridere anche lui: «È un tronchetto d'albero, è per me. Grazie Nellina!»

Nellina, felice, gridò: «È per tutti e tre. E lasciatene un po' anche per me!».
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18 dicembre 2010

Presine natalizie

Regali di Natale continuano....


...e con questa stoffina speciale

si possono realizzare...

Delle presine natalizie 



Speciali perchè ci sono anche le ricettine ^__*

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Novena di Natale - 7

- 7

Da  Sempre Natale ecco il racconto di oggi..

SIGNORA SI CHIUDE
 
Era la Vigilia di Natale e la commessa non vedeva l'ora di andarsene. Pensava in continuazione alla festa che l'attendeva appena finito il lavoro. Sentiva già i mormorii di ammirazione che l'avrebbero accompagnata mentre entrava vestita con l'abito da sera di velluto, con il cavaliere che la scortava... Quando arrivò l'ultima cliente.
Mancavano solo cinque minuti alla chiusura. «Non è possibile che venga proprio al mio banco» pensò. Finse di non sentire quando quella si schiarì la voce e disse piano: «Signorina, signorina quanto costano quelle calze?».
«Credo che sul cartellino ci sia scritto 6.000 lire» rispose brusca. «Non ne avete di meno care?». «Tremila e cinque» scattò guardando l'orologio. «Mi faccia vedere quelle meno care».
«Spiacente signora, stasera chiudiamo alle 18,30 perché, se non lo sa, oggi è la Vigilia di Natale».
Siccome non apriva bocca si decise a guardarla. Era pallida, aveva l'aria affaticata, le occhiaie profonde… non doveva avere neanche 30 anni.«Ma i miei figli non hanno neanche un regalo» disse alla fine tutta d'un fiato. «Fino a stasera non avevo soldi». «Mi dispiace per lei signora» disse la commessa e se ne andò. Non giunse fino al fondo del banco. La donna non aveva detto una parola ma non le riuscì di fare un passo in più. Quando si voltò notò nei suoi occhi l'espressione più triste che avesse mai visto. Si ritrovò dietro al banco: «D'accordo, signora, ma faccia presto». Un sorriso le illuminò il volto, e si mise a correre dai calzini ai nastri poi ai giradischi portatili.
Alla commessa quei pochi minuti sembravano lunghi come l'eternità. Finalmente si decise per alcune paia di calze, per qualche nastro colorato, un giradischi portatile e due dischi di fiabe natalizie.
La commessa gettò gli acquisti in un sacchetto e le diede il resto delle 50.000 lire.
Ormai non c'era più nessuno. Andò di corsa negli spogliatoi e si infilò in fretta il vestito e corse fuori dal negozio incontro al suo «cavaliere» che l'attendeva in macchina, con il motore acceso.
Fu al terzo semaforo rosso che vide la donna del negozio: camminava in fretta tenendo stretto contro il suo esile corpo il pacco dei doni per i suoi figli. Il suo volto, che aveva perduto la patina di stanchezza, era ancora illuminato dal sorriso.
In quel breve istante qualcosa avvenne dentro di lei.
Non vide solo una donna: vide i suoi quattro bambini che, il mattino dopo, si sarebbero infilati felici le calze nuove, messi i nastri nei capelli e avrebbero ascoltato le favole natalizie sul giradischi nuovo.
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17 dicembre 2010

Novena di Natale - 8

- 8

Da  Sempre Natale ecco il racconto di oggi..


PERCHÉ ALLA GROTTA C'ERANO L'ASINO E IL BUE
 

Mentre Giuseppe e Maria erano in viaggio verso Betlemme, un angelo radunò tutti gli animali per scegliere i più adatti ad aiutare la Santa Famiglia nella stalla.

Per primo, naturalmente, si presentò il leone.
«Solo un re è degno di servire il Re del mondo», ruggì «io mi piazzerò all'entrata e sbranerò tutti quelli che tenteranno di avvicinarsi al Bambino!».
«Sei troppo violento» disse l'angelo.

Subito dopo si avvicinò la volpe.
Con aria furba e innocente, insinuò: «Io sono l'animale più adatto. Per il figlio di Dio ruberò tutte le mattine il miele migliore e il latte più profumato. Porterò a Maria e Giuseppe tutti i giorni un bel pollo!»
«Sei troppo disonesta», disse l'angelo.
Tronfio e splendente arrivò il pavone.
Sciorinò la sua magnifica ruota color dell'iride: «Io trasformerò quella povera stalla in una reggia più bella dei palazzo di Salomone!». «Sei troppo vanitoso» disse l'angelo.

Passarono, uno dopo l'altro, tanti animali ciascuno magnificando il suo dono.
Invano.
L'angelo non riusciva a trovarne uno che andasse bene. Vide però che l'asino e il bue continuavano a lavorare, con la testa bassa, nel campo di un contadino, nei pressi della grotta.

L'angelo li chiamò: «E voi non avete niente da offrire?».
«Niente», rispose l'asino e afflosciò mestamente le lunghe orecchie, «noi non abbiamo imparato niente oltre all'umiltà e alla pazienza. Tutto il resto significa solo un supplemento di bastonate!».
Ma il bue, timidamente, senza alzare gli occhi, disse: «Però potremmo di tanto in tanto cacciare le mosche con le nostre code».
L'angelo finalmente sorrise: «Voi siete quelli giusti!».
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